Sentenze

Variante urbanistica semplificata, quando il ricorso allo strumento è improprio

Secondo il Consiglio di Stato occorre che siano preventivamente accertati i presupposti di fatto, tra cui l’assenza nello strumento urbanistico di aree destinate ad insediamenti produttivi o commerciali ovvero l’insufficienza di tali aree

mercoledì 13 gennaio 2016 - Redazione Build News

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In merito allo strumento della variante urbanistica semplificata, l’art. 5 del d.P.R. n. 447/1998 consente la variante laddove l’area interessata dall’intervento abbia una destinazione incompatibile con lo stesso, purché “lo strumento urbanistico non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato”.

Lo ha precisato la quarta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 27 del 8 gennaio 2016.

La procedura in esame, ricorda Palazzo Spada, ha un carattere eccezionale e derogatorio. Tale procedura “non può essere surrettiziamente trasformata in una modalità ordinaria di variazione dello strumento urbanistico generale”.

LE CONDIZIONI. Affinché a tale procedura possa legittimamente farsi luogo, “occorre che siano preventivamente accertati in modo oggettivo e rigoroso i presupposti di fatto richiesti dalla norma, e quindi anche l’assenza nello strumento urbanistico di aree destinate ad insediamenti produttivi (o commerciali) ovvero l’insufficienza di queste, laddove per insufficienza deve intendersi, in costanza degli standard previsti, una superficie non congrua (e, quindi, insufficiente) in ordine all’insediamento da realizzare”.

Il Consiglio di Stato rammenta che “se è vero che il concetto di sufficienza o insufficienza delle aree esistenti va verificato in relazione al progetto presentato, il che certamente significa che esiste un margine di flessibilità e adattabilità di quest’ultimo, per inserirlo nel contesto risultante dallo strumento urbanistico, resta fermo, però, che il parametro di riferimento è costituito dallo strumento vigente, il quale non può essere esso oggetto di modifiche per adeguarlo alle esigenze del proponente”.

Per Palazzo Spada “il presupposto fattuale costituito dalla assenza o insufficienza nello strumento urbanistico di aree a destinazione specifica e coerente con il progetto va inteso nel senso della necessità di verificare preventivamente la disponibilità non soltanto di aree stricto sensu destinate a insediamenti produttivi, ma anche di aree con destinazione commerciale, anche se non in via esclusiva, quali certamente sono le aree (…) di espansione”.

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