Con un ricorso, M. T. L. ed E. R. hanno impugnato il provvedimento n. 5543 del 22/01/15 con cui Roma Capitale ha contestato l'ammissibilità della comunicazione di inizio dei lavori del 01/12/14 per l'installazione di una tenda a vetri su una loggia, imponendo l'assoggettamento dell'opera ad altra procedura abilitativa edilizia, ed ha diffidato gli stessi dall’eseguire l’opera stessa.
In particolare, con il provvedimento impugnato l’ente locale resistente ha evidenziato che l’opera edilizia oggetto della comunicazione di inizio dei lavori ha comportato un aumento della superficie utile lorda dell’unità immobiliare e del suo volume e, pertanto, avrebbe dovuto essere assentita mediante specifico titolo edilizio abilitativo.
Con la sentenza n. 15129/2023 pubblicata il 12 ottobre, il Tar Lazio (Sezione Seconda Bis) ha respinto il ricorso.
L’opera realizzata dai ricorrenti consiste nella “posa in opera di una tenda a vetri costituita da pannelli senza profili metallici verticali ripiegabili a pacchetto lateralmente fino a completa scomparsa e limitatamente alla sola metà superiore del balcone dell’appartamento, mentre la metà inferiore, delimitata da una ringhiera, resterà perennemente e completamente aperta”.
Il manufatto è costituito da una vetrata ripiegabile posizionata sopra la ringhiera e fino al soffitto di una loggia esterna rispetto all’abitazione dei ricorrenti.
Tar: corretta la valutazione di Roma Capitale
Il Tar Lazio osserva che “Il materiale utilizzato (vetri), le non irrilevanti dimensioni del manufatto, la sua collocazione con altezza che arriva al soffitto e il posizionamento sulla facciata di una loggia già chiusa su tre lati costituiscono tutti elementi che inducono a ritenere l’opera astrattamente idonea a delimitare uno spazio suscettibile di una destinazione diversa da quella attuale di superficie accessoria e, precisamente, di una superficie utile lorda con conseguente aumento di volumetria. Né, in contrario, assumono significativa rilevanza la prospettata apertura della ringhiera sottostante (che, comunque, già di per sé delimita uno spazio caratterizzato da autonomia rispetto all’esterno ed è, pertanto, idonea a completare più che ad impedire l’effetto di chiusura generato dalla vetrata) e l’assenza di supporti fissi che, comunque, non preclude al manufatto di delimitare in maniera stabile e duratura la parte superiore della ringhiera chiudendo la relativa volumetria fino al soffitto”.
Secondo i giudici “Alla luce di tali circostanze fattuali non risulta irragionevole la valutazione di Roma Capitale circa l’idoneità dell’opera a comportare un aumento di volumetria con conseguente necessità che la stessa, quale ristrutturazione edilizia pesante, debba essere assentita con permesso di costruire o scia sostitutiva ai sensi dell’art. 10 comma 1 lettera c) d.p.r. n. 380/01”.
L’installazione delle vetrate panoramiche amovibili (c.d. vepa)
“In senso favorevole alla valutazione di fondatezza del gravame parte ricorrente non può nemmeno invocare le modifiche introdotte dalla l. n. 142/22 che, innovando il testo dell’art. 6 d.p.r. n. 380/01 con l’introduzione della lettera b-bis), ha ricompreso nell’attività edilizia libera l’installazione delle vetrate panoramiche amovibili (c.d. vepa). Ed, infatti, la disposizione si applica alle sole vetrate installate su “balconi aggettanti dal corpo dell'edificio” e su “logge rientranti all'interno dell'edificio”, presupposto che nella fattispecie non ricorre.
Secondo il regolamento edilizio - tipo, richiamato proprio dall’art. 6 lettera b-bis) d.p.r. n. 380/01, il balcone è l’“elemento edilizio praticabile ed aperto su almeno due lati, a sviluppo orizzontale in aggetto, munito di ringhiera o parapetto e direttamente accessibile da uno o più locali interni” mentre la loggia è l’“elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più locali interni”.
Loggia aggettante all’esterno
Nella fattispecie “l’area dei ricorrenti non è qualificabile come balcone perché è aperta su un solo lato ed è, piuttosto, una loggia (per altro, tale è la definizione presente negli stessi atti introduttivi dei due giudizi) aggettante all’esterno e non già “rientrante all’interno dell’edificio” come richiesto dall’art. 6 lettera b-bis d.p.r. n. 380/01 per la liberalizzazione il che è spiegabile con il maggiore impatto che caratterizza una vepa realizzata su una loggia aggettante rispetto ad una loggia interna. A ciò si aggiunga che, in ogni caso, proprio l’idoneità della vetrata ad individuare una volumetria suscettibile di un’utilizzazione diversa da quella legittimamente assentita preclude l’applicabilità della liberalizzazione operata dall’art. 6 lettera b-bis d.p.r. n 380/01, come espressamente previsto dalla disposizione in esame”.
Il ricorso “è dunque infondato”, conclude il Tar Lazio.