Sentenze

V.I.A. postuma, la Corte di giustizia UE chiarisce le condizioni

È possibile - ma rispettando determinate condizioni - l’esame postumo di un progetto già realizzato per verificare se vada sottoposto a Valutazione d'impatto ambientale

martedì 6 marzo 2018 - Redazione Build News

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Con la sentenza 28 febbraio 2018 causa C-117/17, la Corte di giustizia europea ha risolto i dubbi sollevati dal T.a.r. per le Marche (ordinanza 10 febbraio 2017, n. 114), pronunciando sulla possibilità di sottoporre a verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (ed eventualmente alla stessa VIA) un impianto già realizzato nel caso di annullamento dell’autorizzazione proprio a cagione della mancata sottoposizione a verifica di assoggettabilità a VIA.

La Corte Ue ha chiarito che “qualora un progetto di potenziamento di un impianto per la produzione di energia elettrica, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non sia stato sottoposto a una verifica preliminare di assoggettabilità a una valutazione di impatto ambientale ai sensi di disposizioni nazionali successivamente dichiarate incompatibili quanto a tale aspetto con la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, il diritto dell’Unione prescrive che gli Stati membri eliminino le conseguenze illecite di detta violazione e non osta a che tale impianto formi oggetto, dopo la realizzazione di tale progetto, di una nuova procedura di valutazione da parte delle nuove autorità competenti al fine di verificare la conformità ai requisiti di tale direttiva e, eventualmente, di sottoporlo a una valutazione di impatto ambientale, purché le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di esimersi dall’applicarle. Occorre altresì tenere conto dell’impatto ambientale intervenuto a partire dalla realizzazione del progetto. Tali autorità nazionali possono considerare, ai sensi delle disposizioni nazionali in vigore alla data in cui esse sono chiamate a pronunciarsi, che una tale valutazione di impatto ambientale non risulti necessaria, nei limiti in cui dette disposizioni siano compatibili con la direttiva di cui trattasi”.

La decisione in oggetto si riconnette a quella resa dalla medesima Corte il 26 luglio 2017 sempre su rimessione del T.a.r. per le Marche in una fattispecie analoga.

Il portale della Giustizia amministrativa evidenzia come, nella vicenda decisa dalla sentenza della Corte del luglio 2017, venisse in rilievo la problematica della c.d. VIA postuma, caratterizzata dall’annullamento - in applicazione della sentenza della Corte costituzionale 22 maggio 2013, n. 93 dell’autorizzazione unica alla realizzazione dell’infrastruttura energetica, dopo che i proponenti avevano attivato la procedura di VIA, che si era conclusa favorevolmente e che in alcuni casi era stata già seguita dal rilascio di una nuova autorizzazione unica (tali provvedimenti erano stati impugnati dai soggetti pubblici o privati che avevano ottenuto l’annullamento delle autorizzazioni originarie).

Nella presente controversia la questione veniva reputata ancor più rilevante in quanto nei casi precedenti la VIA era stata quantomeno svolta (sia pure ad impianto già realizzato), mentre nella specie la valutazione di impatto ambientale non era stata svolta né ab origine - in applicazione di una norma poi dichiarata incostituzionale - né in via postuma.

Nell’impostare il ragionamento che ha portato alla soluzione di cui alla massima, la sentenza parte dal richiamo a quanto evidenziato nella precedente sentenza del 26 luglio 2017, con particolare riferimento al fatto che, in caso di omissione di una VIA prescritta dal diritto dell’Unione, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di detta omissione e che il diritto dell’Unione non osta a che una tale valutazione sia effettuata a titolo di regolarizzazione, dopo la costruzione e la messa in servizio dell’impianto interessato, alla duplice condizione, da un lato, che le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle e, dall’altro, che la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti all’impatto futuro di tale impianto sull’ambiente, ma prenda in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione.

La Corte prosegue, sempre richiamando il precedente predetto, ribadendo le condizioni in presenza delle quali il diritto dell’Unione non osta, qualora un progetto non sia stato sottoposto alla verifica preliminare dell’assoggettabilità a VIA in applicazione di disposizioni incompatibili con la direttiva 2011/92, a che tale progetto, anche successivamente alla sua realizzazione, sia oggetto di una verifica delle autorità competenti per determinare se esso debba o meno essere sottoposto a VIA, eventualmente in base a una normativa nazionale sopravvenuta, a condizione che quest’ultima sia compatibile con tale direttiva.

A fronte delle peculiarità del caso di specie, la Corte Ue fornisce poi ulteriori precisazioni. Qualora un progetto di potenziamento di un impianto per la produzione di energia elettrica, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non sia stato sottoposto a una verifica preliminare di assoggettabilità a VIA ai sensi di disposizioni nazionali successivamente dichiarate incompatibili con la direttiva 2011/92 quanto a tale aspetto, il diritto dell’Unione prescrive che gli Stati membri eliminino le conseguenze illecite di detta violazione e non osta a che tale impianto formi oggetto, dopo la realizzazione di tale progetto, di una nuova procedura di valutazione da parte delle autorità competenti al fine di verificare la conformità ai requisiti di tale direttiva e, eventualmente, di sottoporlo a VIA, purché le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di esimersi dall’applicarle. Occorre altresì tenere conto dell’impatto ambientale intervenuto a partire dalla realizzazione del progetto. Tali autorità nazionali possono considerare, ai sensi delle disposizioni nazionali in vigore alla data in cui esse sono chiamate a pronunciarsi, che una tale VIA risulta necessaria, nei limiti in cui dette disposizioni siano compatibili con la direttiva di cui trattasi.

La sentenza della Corte Ue 28 febbraio 2018 causa C 117/17

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