Le norme che limitano l’apposizione al visto di conformità ai tributaristi sono palesemente incostituzionali. Così si è espresso il Consiglio di Stato nella recente ordinanza n.995 del 31 gennaio 2024, nel cui dispositivo finale si legge testualmente “Il Consiglio di Stato… dichiara rilevanti e non manifestatamente infondate in relazione agli artt 3, 41 e 117 comma 1 della Costituzione, le questioni di legittimità costituzione dell’art 35 comma 3 decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 nei sensi di cui in motivazione. Sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale”.
Ed è proprio sulle motivazioni addotte dal Consiglio di Stato che il Presidente nazionale Lapet (Associazione Nazionale Tributaristi), Roberto Falcone, ha espresso grande soddisfazione: “si tratta di una ordinanza straordinaria che giunge a coronare anni di intensa attività svolta al fine di estendere il visto di conformità ai tributaristi. La nostra soddisfazione è data dal fatto che i giudici hanno ritenuto fondati i nostri rilievi mossi innanzi al Tar regionale della Puglia e disattesi dal giudice di prime cure (sentenza n. 1192/2022)”.
Incostituzionalità della riserva di apposizione del visto
In particolare il Consiglio di Stato ha evidenziato l’incostituzionalità della riserva di apposizione del visto di conformità dove esclude i tributaristi. È palese a dire del Consiglio di Stato la violazione dell’art 3 della Costituzione con riguardo al principio della ragionevolezza e non discriminazione, dell’art 41 sulla libertà di iniziativa economica e dell’art 117 di diritto euro unitario in merito alla violazione della libertà di esercizio di prestazione di servizi come previsto dalle direttive europee.
L’excursus
Colpisce la Lapet l’excursus che il giudice fa sul sistema attuale del mondo professionale. Ed infatti procedendo nella lettura dell’ordinanza si rileva l’evidenza di un sistema duale costituito da ordini e associazioni professionali di cui alla legge n.4/2013. Per cui il giudice si sofferma a sottolineare che nelle rispettive competenze, gli iscritti in ordini da un lato e gli iscritti in associazioni come la Lapet dall’altro, garantiscono allo stesso modo l’utenza in termini di affidabilità della prestazione, di vigilanza e di rispetto del codice deontologico. Unica differenza esistente tra le due organizzazioni è che gli ordini hanno veste pubblica e le associazioni sono di carattere privatistico.
In definitiva il Consiglio di Stato conferma che le attività libere possono essere esercitate sia da professionisti ordinistici che da professionisti cui alla legge n. 4/2013 e non può pertanto costituire attività riservata l’apposizione del visto di conformità.
Infatti, notevole perplessità ha suscitato nel Consiglio di Stato l’attuale situazione che consente al tributarista di tenere le scritture contabili, redigere dichiarazioni, inviarle e poi non poterle vistare. Tutto ciò è illegittimo e incostituzionale, lo ha sempre sostenuto la Lapet e lo conferma ora anche il Consiglio di Stato.
Commercialisti: “sul visto di conformità il Consiglio di Stato non ha accolto la richiesta dei tributaristi”
“Il Consiglio di Stato non ha accolto il ricorso dell’Associazione nazionale tributaristi – Lapet sul visto di conformità, ma si è limitata a sospendere il giudizio in corso ed ha ordinato la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Un punto questo sul quale è importante essere chiari e precisi per evitare che sulla questione si generi inutilmente confusione”. È quanto affermato dal Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio.
“Come chiarito nell’ordinanza dallo stesso Consiglio di Stato – afferma de Nuccio –, non è possibile accogliere la richiesta avanzata dalla Lapet di un’interpretazione estensiva delle categorie ammesse a rilasciare il visto di conformità in quanto, come emerge dalla ricostruzione normativa rilevante nel suddetto giudizio, solo i professionisti individuati attraverso il richiamo della circoscritta previsione di norma regolamentare possono considerarsi abilitati al rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi inviate all’amministrazione finanziaria. Pertanto, la lesione della posizione giuridica azionata in giudizio va fatta risalire alla citata disposizione primaria e va, quindi, interamente collocata a livello legislativo”.
“Il Consiglio di Stato – ha affermato il numero uno della categoria – ha precisato che la pretesa avanzata dai tributaristi può trovare riconoscimento solo attraverso una declaratoria di incostituzionalità della norma primaria contenente il precetto normativo che preclude ai ricorrenti il rilascio del visto di conformità e cioè l’art. 35, comma 3, del D.lgs. 241/1997 nella parte in cui abilita al rilascio del visto di conformità i soli professionisti indicati nelle lett. a) e b) del comma 3 dell’art. 3, del D.P.R. del 22 luglio 1998, n. 322 (gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro) e non anche gli altri soggetti indicati dallo stesso comma 3 e, in particolare, in quelli di cui alla lett. e) tra cui rientrano i tributaristi”.
“Allo stato attuale, quindi, i tributaristi non possono apporre alcun visto di conformità – ha concluso de Nuccio – e, in ogni caso, il Consiglio nazionale dei commercialisti difenderà strenuamente il ruolo dei propri iscritti e quindi la funzione e le prerogative delle professioni ordinistiche, che non possono essere confuse e in alcun modo equiparate a quelle di associazioni a carattere professionale”.
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