Il parere di...

Certificati bianchi 3 - Le osservazioni di Renovate Italy

Renovate Italy propone una riforma complessiva del sistema di incentivazione, con l'obiettivo di determinare le condizioni per un contesto più favorevole a una grande diffusione degli interventi di riqualificazione degli edifici

venerdì 2 ottobre 2015 - Redazione Build News

certificati-bianchi
In merito alla consultazione pubblica del documento “Proposte per il potenziamento e la qualifica del meccanismo dei Certificati Bianchi”, Renovate Italy esprime il proprio totale disaccordo con la proposta di riservare i certificati bianchi ai soli interventi industriali e precluderli agli interventi edilizi.

Riportiamo qui di seguito le osservazioni che l'organizzazione ha inviato al Ministero per lo Sviluppo Economico.


E’ fuor di dubbio che il divieto di cumulo tra certificati bianchi e detrazioni fiscali (ecobonus) abbia determinato il crollo nelle richieste dei primi a favore delle seconde (principalmente perché l’intensità di queste ultime è di molto superiore). Ma concludere che gli interventi edilizi dovrebbero poter richiedere il solo ecobonus è una soluzione semplicistica che non aiuta né gli operatori dell’efficienza energetica, né i cittadini, né l’ambiente, né il raggiungimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale.

L’ecobonus, infatti, ha mostrato, nel corso degli anni, i propri limiti nella promozione delle riqualificazioni profonde (deep renovation). Queste sono, in assoluto gli interventi con la migliore efficienza (in termini di un ridotto costo dell’energia risparmiata) ed efficacia (quantità di energia risparmiata), ma risultano i meno effettuati in assoluto, sia per numero di interventi, sia per investimenti complessivi.

Giova inoltre ricordare che, in molti casi, le detrazioni non hanno alcun impatto positivo perché risultano non applicabili (ad es. per i soggetti IRES che fanno realizzare interventi sugli immobili merce o dati in locazione) o sono fortemente limitate a causa della loro dipendenza dalla capienza fiscale del beneficiario e di massimali non adeguati agli importi di spesa.

Inoltre, dipendono dall’approvazione anno per anno in “legge finanziaria” e dunque impediscono qualsiasi pianificazione da parte dei comparti produttivi coinvolti, sia in termini di investimenti capitali, sia in ricerca e sviluppo, sia di impiego di personale a tempo pieno. Viceversa configurazioni stabili delle politiche a sostegno dell’efficienza energetica in edilizia in altri paesi (Danimarca, Germania, Austria,…) hanno consentito pianificazione industriale, ricerca, qualificazione del personale, con effetti positivi sull’economia e sulla esportazione di tecnologie e servizi di progettazione. I certificati bianchi, avendo un ciclo pluriennale e non dipendendo dalle finanze statali, costituiscono un ideale meccanismo stabile da questo punto di vista.

Proporre le sole detrazioni fiscali come strumento incentivante, significa non voler risolvere il problema dello spreco energetico causato dal bassissimo livello medio di efficienza del parco edilizio nazionale, dal momento che l’ecobonus si è dimostrato utile solo per gli interventi di piccola ristrutturazione e di manutenzione, soprattutto confinati alle singole unità immobiliari.

Potremmo invece concordare con una proposta che preveda, per gli interventi edilizi, la possibilità di richiedere certificati bianchi solo per le riqualificazioni profonde, sostituendo di fatto tutte le seguenti schede tecniche:
  • n. 2T: Sostituzione di scalda-acqua elettrici con scalda-acqua a gas
  • n. 3T: Installazione di caldaia unifamiliare a 4 stelle di efficienza alimentata a gas naturale e di potenza termica nominale non superiore a 35 kW
  • n. 4T: Sostituzione di scalda-acqua a gas con scalda-acqua a gas più efficienti
  • n. 5T: Sostituzione di vetri semplici con doppi vetri
  • n. 6T: Isolamento delle pareti e delle coperture
  • n. 7T: Impiego di impianti fotovoltaici di potenza < 20 kW
  • n. 8T: Impiego di collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria
  • n. 15T: Installazione di pompe di calore elettriche ad aria esterna in luogo di caldaie in edifici residenziali di nuova costruzione o ristrutturati
  • n. 19T: Installazione di condizionatori ad aria esterna ad alta efficienza con potenza frigorifera inferiore a 12 kWf
  • n. 20T: Isolamento termico delle pareti e delle coperture per il raffrescamento estivo in ambito domestico e terziario
  • n. 21T: Applicazione nel settore civile di piccoli sistemi di cogenerazione per la climatizzazione invernale ed estiva degli ambienti e la produzione di acqua calda sanitaria
  • n. 22T: Applicazione nel settore civile di sistemi di teleriscaldamento per la climatizzazione ambienti e la produzione di acqua calda sanitaria
  • n. 26T: Installazione di sistemi centralizzati per la climatizzazione invernale e/o estiva di edifici ad uso civile
  • n. 27T: Installazione di pompa di calore elettrica per produzione di acqua calda sanitaria in impianti domestici nuovi ed esistenti
  • n. 37E: Nuova installazione di impianto di riscaldamento a biomassa legnosa di potenza <= 35 kW termici
  • n. 38E: Installazione di sistema di automazione e controllo del riscaldamento negli edifici residenziali (BACS) secondo la norma UNI EN 15232
con una unica nuova scheda, che premi, come richiesto dalla Direttiva EPBD recast n. 2010/31 (cfr. articolo 9, comma 2), la trasformazione degli edifici esistenti in NZEB (edifici ad energia quasi zero).

I certificati bianchi ottenibili in virtù di questa nuova scheda (dunque per le sole riqualificazioni profonde) dovrebbero però essere cumulabili con gli altri incentivi. Questo perché l’aumento dell’efficienza energetica degli edifici, più di ogni altro, consente una lunga serie di dividendi multipli (micro- e macro-economia, miglioramento del comfort degli occupanti e della qualità dell’aria interna con documentati effetti positivi sulle prestazioni produttive negli uffici e sulle prestazioni di apprendimento negli edifici scolastici ed educativi, forte impatto positivo sui posti di lavoro e sull’economia in generale, diminuzione dell’inquinamento, miglioramento delle città, aumento dei valori immobiliari….solo per citarne alcuni).

Stante queste premesse, non si comprende perché l’aumento dell’efficienza degli edifici dovrebbe usufruire di un solo incentivo.

Sia ben chiaro che non stiamo auspicando l’entrata in vigore di incentivi ad intensità elevatissima (che secondo alcuni punti di vista potrebbero causare problemi al bilancio dello Stato), ma di un sistema capace di superare le barriere attuali che si oppongo alla realizzazione delle riqualificazioni profonde e correggere le inefficienze degli attuali incentivi.

L’ecobonus si è dimostrato non efficace nello stimolare le riqualificazioni profonde perché, al contrario dei certificati bianchi, non è bancabile. I certificati bianchi sono invece bancabili ma la loro intensità (determinata dalle schede di cui sopra e dal mancato riconoscimento della reale vita utile degli interventi su elementi edilizi e parte degli impianti) è troppo bassa. Riteniamo dunque necessaria l’approvazione di un sistema incentivante per le riqualificazione profonde, strutturato su diverse misure tra di loro cumulabili, nel quale un ruolo non trascurabile sia svolto proprio dai certificati bianchi, dal momento che consentirebbero il miglioramento dell’intensità senza gravare sul bilancio dello Stato.

E’ importante infatti sottolineare che, poiché i costi sostenuti dai soggetti obbligati sono coperti attraverso una componente tariffaria l’intero meccanismo è totalmente esterno al bilancio dello Stato Italiano. Dunque consente un rilevante contributo all’adempimento degli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni del nostro Paese senza alcun impatto negativo sul rapporto debito/PIL, che è elemento di preoccupazione e di vigilanza da parte della Commissione Europea. Anzi, gli incentivi alle azioni di risparmio prodotti attraverso i certificati bianchi generano introiti per lo Stato grazie a tassazione sulla componente tariffaria corrispondente, tassazione sui prodotti e componenti installati, tassazione sui redditi da lavoro e di impresa generati, producendo un miglioramento del rapporto debito/PIL.

Ne consegue che, a parità di obiettivi di risparmio, depotenziare il meccanismo dei certificati bianchi e utilizzare altre forme incentivanti che incidono sulle casse dello Stato costituisce un inutile doppio aggravio del rapporto debito/PIL.

Anche il costo per la società è ridotto in quanto gli interventi promossi hanno un costo dell’energia risparmiata inferiore al costo di generazione dell’energia e certamente al suo prezzo finale, dunque la bolletta energetica complessiva ne risulta ridotta (lieve aggravio sul prezzo dell’unità di energia, ma riduzione delle unità di energia consumate rispetto al caso senza incentivi da certificati bianchi).

Anche se a prima vista potrebbe sembrare non pertinente con l’analisi del documento in consultazione, vogliamo sottolineare che la re-introduzione della cumulabilità dei certificati bianchi ottenuti con gli interventi di riqualificazione profonda andrebbe comunque accompagnata da un provvedimento di modifica del sistema delle detrazioni fiscali in grado di risolvere i problemi dell’incapienza fiscale e della bancabilità degli incentivi, al fine di favorire la finanziabilità complessiva degli interventi.

A nostro avviso il primo target di ogni modifica degli incentivi dovrebbero essere gli interventi che, come quelli sugli interi edifici, non sono stati realizzati nonostante possano usufruire degli incentivi attualmente esistenti e che siano caratterizzati da elevati valori di efficienza ed efficacia.

Il documento in consultazione, invece, sembra penalizzare ulteriormente questi ultimi interventi, in particolar modo quelli “passivi” (sugli involucri): ad esempio, la tabella a pagg. 8-9 assegna loro valori di vita tecnica pesantemente sottostimati (la vita tecnica dell’isolamento termico degli edifici è di diversi decenni, non di soli 15 anni). Viceversa, per esempio la normativa sui Certificati di Economia di Energia in Francia assegna agli elementi di involucro una vita pari a 30 anni.

Accogliamo con favore la proposta del rilascio anticipato dei certificati bianchi, ma questa non può erroneamente discriminare tra le diverse tecnologie, assegnando una vita tecnica di molto inferiore a quella reale.

E’ opportuno sottolineare anche che gli edifici (soprattutto quelli residenziali) presentano un rischio bassissimo di dismissione, il che elimina, per gli interventi su di essi, uno dei fattori di rischio giustamente ricordati nel documento.

Ciò, unito alla lunga vita tecnica delle tecnologie implementate, alla potenzialità di riduzione degli sprechi energetici e di sviluppo dell’occupazione ottenibili, e alla capacità di questo meccanismo di contribuire (insieme a un’ottimizzazione degli altri strumenti di incentivazione) a sbloccare un’intera classe di attività che altrimenti non saranno realizzate, dovrebbe rendere il settore edilizio tra quelli da privilegiare nell’aggiornamento del meccanismo dei certificati bianchi.

Leggi anche: "Certificati Bianchi 1 - CNA: aprire i TEE alle piccole imprese"
                           "Certificati bianchi 2 - Le proposte di Amici della Terra e Ance"
                           "Certificati bianchi 4 - Commento ed osservazioni da parte di FIRE"


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