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Abusi edilizi ante 1967, impugnata la legge urbanistica della Toscana

Il mero riferimento all’interesse pubblico al ripristino alla legalità urbanistica violata consente al comune di disporre effetti sostanzialmente analoghi a quelli di un condono

martedì 13 gennaio 2015 - Redazione Build News

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La normativa della Regione Toscana in materia di sanzioni per opere ed interventi edilizi abusivi anteriori al 1° settembre 1967 si pone in contrasto con la normativa statale di principio contenuta nella Parte I, Titolo IV, del D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia), e quindi viola l’articolo 117, comma 3, della Costituzione, con riferimento alla materia “governo del territorio”. Inoltre, incidendo sul sistema di sanzioni civili e penali previste dal medesimo Testo unico dell’edilizia, invade la potestà legislativa esclusiva statale nella materia “ordinamento civile e penale” e dunque viola l’art. 117, comma 2 della Costituzione.

È questo il parere del Governo che il 24 dicembre scorso ha impugnato dinanzi alla Corte costituzionale gli articoli 207 e 208 della nuova legge urbanistica della Toscana – Legge regionale n.65/2014 “Norme per il governo del territorio”. Oltre a questi due articoli, sono stati impugnati anche gli articoli 25, 26 e 27, che riguardano l’approvazione di previsioni urbanistiche in materia di medie e grandi strutture di vendita.  

SANZIONI PER ABUSI EDILIZI ANTE 1° SETTEMBRE 1967. Per quanto riguarda l’articolo 207 (“Sanzioni per opere ed interventi edilizi abusivi anteriori al 1° settembre 1967”), secondo il Governo è in contrasto con la normativa statale di principio in materia di governo del territorio e di ordinamento penale, in quanto, per gli abusi edilizi realizzati in data anteriore al 1° settembre 1967, limita l’applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 196, 199, 200 e 206 della l.r. n. 65/2014 agli interventi “ricadenti all’epoca all’interno dei centri abitati” e per i quali il comune “ritenga prioritariamente la sussistenza dell’interesse pubblico al ripristino della legalità violata mediante rimessione in pristino”.

Dal combinato disposto dei commi 1, 2, 4 e 7, infatti, si evince che dette sanzioni non trovano applicazione neppure per interventi abusivi realizzati fuori dai centri abitati, che anzi sono definiti consistenze “da considerarsi legittime dal punto di vista urbanistico-edilizio”. Ciò in palese contrasto con gli articoli 27 (“Vigilanza sull’attività urbanistico edilizia”), 31 “Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”; 33 “Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità”, 34 “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire” e 37 “Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità” del d.P.R. n. 380/2001.

I PRONUNCIAMENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE. Nell'impugnativa si richiama la Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 225/2012 (punto 3 del Considerato in diritto), che ha chiarito che: “nella disciplina del condono edilizio convergono la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di sanzionabilità penale e la competenza legislativa concorrente in tema di governo del territorio di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 49 del 2006 e n. 70 del 2005)” e, soprattutto, che “è stata ritenuta di stretta interpretazione, in quanto espressione di principio generale afferente ai limiti della sanatoria, l’individuazione da parte della legge dello Stato delle fattispecie ad essa assoggettabili, di modo che le stesse non possono essere comunque ampliate o interpretate estensivamente dalla legislazione regionale. Per questo motivo risulta pienamente conforme al dettato costituzionale l’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, contenente la previsione tassativa delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria, la quale determina, in pratica, i limiti del condono, entro il cui invalicabile perimetro può esercitarsi la discrezionalità del legislatore regionale (sentenza n. 70 del 2005)”.

Inoltre, è richiamata anche la sentenza n. 290/2009, secondo cui “Questa Corte ha già riconosciuto che “solo alla legge statale compete l'individuazione della portata massima del condono edilizio straordinario” (sentenza n. 70 del 2005; sentenza n. 196 del 2004), sicché la legge regionale che abbia per effetto di ampliare i limiti applicativi della sanatoria eccede la competenza concorrente della Regione in tema di governo del territorio”.

Secondo il Governo la Regione Toscana, con la previsione impugnata, travalica i limiti indicati dalla Corte costituzionale, in quanto il mero riferimento all’interesse pubblico al ripristino alla legalità urbanistica violata consente al comune, per gli immobili abusivi realizzati prima del 1967, di disporre effetti sostanzialmente analoghi a quelli di un condono, che consistono nella non applicazione delle sanzioni amministrative della demolizione e dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, anche al di là dei casi che la legge statale aveva individuato per i condoni straordinari (il cui termine, peraltro, è ormai inevitabilmente chiuso).

Considerazioni analoghe sono espresse anche per l’articolo 208 della stessa legge regionale n. 65/2014, che ripropone disposizioni analoghe per opere ed interventi edilizi abusivi anteriori al 17 marzo 1985, soltanto che, a differenza della norma precedente, in questo caso non è fatta alcuna distinzione tra le opere eseguite all’interno o all’esterno del perimetro dei centri abitati.

Leggi anche: “Urbanistica, la legge della Toscana impugnata dal Governo alla Corte Costituzionale

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